sabato 18 aprile 2009

MiArt 2009 - Una fiera liquida


“ …coloro che sono coinvolti nel gioco contro la propria volontà, che non “amano essere in movimento”, né possono permetterselo, hanno ben poche possibilità di successo. Partecipare alla gara non è per loro una scelta realistica, ma ad essi non è nemmeno consentito tenersene fuori. Volteggiare di fiore in fiore, alla ricerca del profumo più gradevole, non è nelle loro possibilità: essi possono solo restare aggrappati a luoghi dove i fiori – profumati o meno – sono pochi e anche quei pochi si dissolvono o marciscono davanti al loro sguardo infelice. Il suggerimento di “attaccarsi con leggerezza a ciò che ci si presenta” e “lasciarlo poi andare, con grazia” suona alle loro orecchie, nel migliore dei casi, come uno scherzo crudele ma soprattutto come un ghigno spietato.
E tuttavia, tocca anche a loro “attaccarsi con leggerezza” a “beni, situazioni, persone” che continueranno a scivolare via e a scomparire a velocità vertiginosa qualsiasi cosa essi facciano; e a nulla vale che essi cerchino di rallentarne la corsa.
(…)
E li si potrebbe perdonare per aver sospettato che esista un qualche collegamento tra la piacevole leggerezza e grazia ostentate da chi volteggia dinanzi al loro sguardo e il torpore e l’immobilità, sgradevoli ma involontari, che li caratterizzano.”

Zygmunt Bauman, "Vita liquida" - Introduzione, Laterza

In questo frammento, criticando il contributo di un collaboratore anonimo dell’Observer, il celebre sociologo mette in luce il disagio e le difficoltà di chi non riesce ad adattarsi alla cosiddetta società liquido-moderna, ovvero quella società dove “ le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure”: coloro che, al contrario, in questa nuova società di qualunquismi, relativismi e consumi sfrenati si trovano a loro agio, sono in grado di “sopportare l’assenza di orientamento: non soffrono di vertigini e sanno adattarsi alle situazioni confuse, alla mancanza di itinerario e di direzione e alla durata indefinita del tragitto (…) Libertà di affetti e revocabilità di impegni sono i precetti che ispirano questo genere di persone, quali che siano i loro impegni e affetti.”

Il MiArt 2009, la Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, è stata evidentemente creata per questo tipo umano: i padiglioni 3 e 4 della Fiera di Milano appaiono popolati da un numero non quantificabile (comunque gargantuesco) di opere, appiccicate o distanziate senza il minimo riguardo per la simmetria, con l’unico ordine delle gallerie che li espongono; è possibile, per esempio, trovare due quadri di Lucio Fontana in due punti opposti di un padiglione, l’uno accanto a un De Chirico e l’altro a un Birolli (?).
Questo per non parlare del padiglione superiore, adibito all’arte più recente e dunque perlopiù sconosciuta ai semplici fruitori non esperti: la scarsa fama di molti artisti e la totale assenza di spiegazioni, uniti alla quantità e alla varietà incommensurabile delle opere esposte, trasformano la fiera in un gigantesco contenitore di stimoli estetici e semantici la cui eterogeneità non attira lo spettatore, bensì lo attacca; viola la sua attenzione strattonandola senza sosta da un luogo all’altro. E’ un’arte ammassata e mescolata, un sublime disordine programmato che, nel complesso, non può avere alcun effetto in termini di piacevolezza.
Questo, purchè non si scorra come il liquido baumaniano attraverso i padiglioni, scivolando leggiadramente addosso ad ogni immagine e ad ogni oggetto, attaccandosi e adeguandosi ad ogni cosa per un tempo adeguato per provare un vacuo divertimento… ma non per riflettere ed esplorare le proprie emozioni, per ricevere un significato o imparare qualcosa.
E’ davvero una fiera, nel senso classico del termine; un mercato e non certo una mostra, dove tra i rari appassionati dell’arte si possono notare bambini urlanti e madri preoccupate, coppiette alla moda dallo sguardo vuoto, anziani turisti dall’aspetto incerto e confuso.
Gli amanti della cultura postmoderna apprezzeranno: a me sovviene con insospettata chiarezza l’anatema evangelico “Avete trasformato il mio tempio in una spelonca di ladri!” (Luca, 19, 46).
Emotivamente stremati, io e il mio amico (ciao Gualo) ci siamo abbandonati sulle seggiole del bar superiore a bere un caffè (macchiato freddo in traballante tazzina di plastica) e a ragionare delle nostre sensazioni: un vissuto caotico che non permette di selezionare una suggestione tra le mille, di tornare a casa con il ricordo di un singolo stupore od interesse.
Ma ci vorrebbe davvero la prosa di Bauman.
Il mio consiglio spassionato è di evitare il MiArt. Almeno, se amate l’arte: che dire, se vi piace o vi diverte soltanto è un appuntamento da non perdere.

10 commenti:

  1. il vero problema della fiera è stata l'assenza di "ordine". Il problema è che è facile dire "bello quello" "bello questo" ma senza sapere in che contesto collocarlo e senza poterlo paragonare con arte dello stesso tipo (poichè lontana molti stand), la mostra diventa più un mercatino che un luogo dove poter osservare le capacità di un artista.

    p.s. non mi avete offerto il caffe.

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  2. Colpa tua, ci siamo persi perchè ti sei fatto incantare dai samurai ciccioni e dalla bocca di plastica gigante.

    XDD

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  3. E' una fiera il cui scopo è vendere, le gallerie che espongono fanno il loro lavoro.. niente di più e niente di meno!

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  4. E forse, a pensarci bene, la confusione serve proprio a questo... presi nella complessità e nell'euforia della situazione possiamo essere portati a fare una scelta... e poi, qualche giorno dopo, chiederci che cosa ci è saltato in testa ritrovando quella scelta sulla parete del nostro salotto.

    Arte e Marketing fanno un binomio pericoloso.

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  5. Urano team ha detto
    "E forse, a pensarci bene, la confusione serve proprio a questo... presi nella complessità e nell'euforia della situazione possiamo essere portati a fare una scelta... e poi, qualche giorno dopo, chiederci che cosa ci è saltato in testa ritrovando quella scelta sulla parete del nostro salotto."
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    Questa frase mi fa venire in mente il lucca comics in cui comprai il libro con le immagini di final fantasy advent children.

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  6. ....bè, ancora non riesco a immaginare perchè diavolo tu l'abbia appeso alla parete del salotto.

    BWUHAUHAUHA

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  7. avessi avuto un batarang forse avrei appeso quello... ma in mancanza d'altro.

    bAUAHUAHUA

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  8. Bè, se tu avessi un batarang sapresti che non si appende, si CONFICCA!!!

    XDD

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  9. Anche Batman ci taglia il salame. ...in mancanza d'altro. xddddddd

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