mercoledì 25 marzo 2009

“Fortapàsc”: la storia di Giancarlo Siani raccontata nel film diretto da Marco Risi con Libero de Rienzo


[ Un film di Marco Risi. Con Libero de Rienzo, Valentina Lodovini, Michele Riondino, Massimiliano Gallo, Ernesto Mahieux. Drammatico, durata 108 min. - Italia 2008. - 01 Distribution data uscita 27/03/2009. ]

Martedì 24 Marzo è stata proiettata al cinema Anteo l’anteprima del film “Fortapàsc” di Marco Risi, che racconta la storia del giornalista Giancarlo Siani.
L’avviso sul sito - http://www.spaziocinema.info/ - prometteva anche in un secondo momento un incontro con il regista, il protagonista Libero de Rienzo e il produttore Angelo Barbagallo. Sui giornali e in vari siti il film era presentato come “Cronaca degli ultimi giorni di un giovane giornalista freddato dalla camorra”. Martedì pomeriggio ci siamo dunque dirette all’Anteo aspettandoci una storia di camorra, e quindi dal contenuto angosciante e doloroso.
Ciò che ci ha colpito fin dalla prima scena (il protagonista che si tuffa in mare con gli amici) è che Giancarlo Siani non è dipinto come un martire né come un santo, ma come un ragazzo carico di tutta la leggerezza e la spensieratezza che caratterizza questa età. Tale leggerezza pervade tutto il film nonostante la drammaticità della storia. Nel 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva 26 anni. Faceva il giornalista, o meglio era praticante, abusivo, come amava definirsi. Lavorava al Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro che amava la vita e il suo lavoro e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È stato l’unico giornalista ucciso dalla camorra. Il film ci porta negli ultimi quattro mesi della sua vita, precisamente nella sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, tutti i giorni scendeva all’inferno di Torre Annunziata, cittadina “assediata” (da qui il titolo western in pronuncia napoletana “fortapàsc”), regno del boss Valentino Gionta. Giancarlo si muove per Torre Annunziata sulla sua Citroën Méhari, vero e proprio manifesto di anticonformismo che lo collocava, inequivocabilmente, in una posizione politica senza compromessi. Tutto, in quel periodo, ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto e Giancarlo vedeva. E capiva. Lo vediamo muoversi fra camorristi, politicanti corrotti, magistrati pavidi, e carabinieri impotenti mentre “perfino l’acqua diventa fango”.
Al termine del film, mentre le luci si riaccendevano, nei nostri occhi era ancora impresso l’ultimo sguardo di Giancarlo prima di morire. Sorpreso, umile e allo stesso tempo quasi sfrontato per la sua sincerità.
Subito dopo la proiezione del film si è svolto l’incontro con il regista Marco Risi, l’attore protagonista Libero De Rienzo e il produttore per Rai Cinema Angelo Barbagallo, i quali sono stati intervistati da Alessandra De Luca.
Assistere a quest’incontro ci ha permesso di venire a conoscenza di alcuni dettagli sulla genesi del film ed inoltre sono emersi interessantissimi spunti di riflessione. Il regista Marco Risi, figlio del grande maestro Dino Risi, a cui è stata dedicata la pellicola, ha spiegato come il film avesse tratto spunto dal libro “L’abusivo” scritto da Anotonio Franchini, coetaneo e concittadino di Siani, il quale ne raccontava il caso. La sceneggiatura del film risale a 5 anni fa, quando il progetto si è arenato perché l’attore protagonista aveva abbandonato le riprese. Un anno e mezzo fa il film è stato poi ripreso in considerazione ed è stato scelto un nuovo protagonista per interpretare il giovane giornalista: Libero De Rienzo, già attore nel film di Marco Ponti “Santa Maradona”, in cui era protagonista insieme a Stefano Accorsi, e regista di “Sangue - La morte non esiste” nel 2005. L’attore non ha voluto incontrare i parenti di Giancarlo prima delle riprese né venire a conoscenza dei dettagli privati della sua vita, in quanto temeva che altrimenti sarebbe stato emotivamente troppo coinvolto e non avrebbe in questo modo potuto restituire gli aspetti di leggerezza della storia, i quali hanno un ruolo importante nel film; dunque, per la costruzione del personaggio l'attore ha preferito affidarsi all’istinto. Sorprendentemente il Siani che De Rienzo ha portato sullo schermo assomiglia moltissimo nei modi di fare e di muoversi allo stesso Siani, nonostante l’attore fosse molto diverso da lui, con grande sorpresa e commozione della famiglia di Siani.
Paolo Siani, fratello maggiore di Giancarlo, ha sostenuto fortemente il progetto e ha collaborato sia alla scrittura che alla realizzazione del film mettendo a disposizione tutto ciò che conserva del fratello Giancarlo, in modo che Risi potesse in questo modo comprendere a fondo il suo personaggio. A rendere la pellicola ancor più rappresentativa della storia di Siani è stata la presenza sul set di alcuni parenti di vittime della camorra che si sono resi disponibili ed hanno recitato come comparse. Inoltre la macchina che viene utilizzata nel film è la vera macchina all’interno della quale Siani è stato ucciso, la sua Citroën Méhari verde brillante, uscita da un deposito giudiziario poco prima dell’inizio delle riprese del film.
L’obiettivo di Risi è stato quello di mantenere un tono leggero nel film nonostante l’orrore della vicenda raccontata, in quanto convinto che il contenuto di dolore non dovesse “schiacciare” l’opera cinematografica: in questo modo, invece che portare sullo schermo solo la storia di un martire civile, è stato possibile raccontare la storia di Giancarlo Siani mostrandone tutte le sfaccettature,
in particolar modo sottolineando come il giornalista fosse inconsapevole del fatto che stava andando incontro alla morte: era solo un ragazzo che voleva fare bene il proprio lavoro. Di conseguenza la sceneggiatura del film risulta leggera, non mancano momenti nei quali si ride e la fotografia a tratti luminosa vuole rappresentare la gioia e i colori degli anni ’80; in questo modo gli spettatori possono uscire dalla proiezione con un sentimento positivo: il messaggio del film è un messaggio di speranza.
Questo particolare taglio del film lo distingue dall’acclamato “Gomorra” di Matteo Garrone con cui condivide l’argomento affrontato il quale, nonostante sia un film straordinario, non lascia spazio ad un messaggio positivo e viene definito da Risi un film “disperante”.
In conclusione non è mancata una riflessione sul cinema di impegno civile in Italia: produttore e regista si trovano d’accordo nell’appoggiare una critica nei confronti della produzione cinematografica in Italia dato che la legge vigente prevede che i film siano finanziati esclusivamente dalle televisioni; quest'ultime impongono una censura sui progetti che trattano argomenti delicati e lasciano poco spazio ai film che non hanno il consenso del grande pubblico; di conseguenza, se non c’è il supporto delle televisioni non si possono produrre film se non low budget.
Poter sentir parlare artisti del calibro di Risi, De Rienzo e Barbagallo, il quale ha lavorato per anni con Nanni Moretti, è stato molto emozionante e ci ha portato a riflettere riguardo al cinema di qualità che in Italia non trova lo spazio che meriterebbe.

Per le forti emozioni che suscita e per il messaggio di speranza che racchiude, vi consigliamo calorosamente di andare a vedere “Fortapàsc”.
Buona visione!
Qui potete vedere il trailer del film:

1 commento: